
«Non ho letto l’articolo di Nature, ma si tratta di una rivista estremamente prestigiosa. Vediamo se l’articolo dà risultati definitivi o se invece è definitorio».
Lo ha detto in un’intervista a Radio Radio il responsabile del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, Giovanni Rezza parlando della cura sperimentale avviata a Mantova e a Pavia sui pazienti gravi affetti da coronavirus utilizzando il “plasma di convalescenza”, ovvero il plasma donato dai pazienti di covid infettati e poi guariti.
«Ho paura solo che non sia facilissimo applicare questo trattamento su larga scala perché presuppone che venga fatta un’aferesi da parte di donatori che sono pazienti convalescenti o che hanno superato la malattia, i quali devono avere un elevato titolo anticorpale, questo sarebbe l’unico limite», ha spiegato il professor Rezza.
«Se i risultati mostrassero un’evidenza di efficacia elevata sarebbe un successo non solo per la ricerca italiana, ma per tutti. Ripeto, con i limiti che ha questo tipo di trattamento che non prevede una produzione sintetica industriale su larga scala», ha sottolineato Rezza.