Sul sito dell’Institute for New Economic Thinking appare un articolo sul declino dell’economia italiana e sulle cause che l’hanno condotta sulla soglia del baratro.

Fino all’inizio degli anni ’90 l’Italia ha goduto di decenni di crescita economica robusta, durante i quali ha raggiunto il reddito delle altre nazioni della zona euro.

Poi è iniziato un profondo e costante declino, che ha cancellato decenni di convergenza del reddito.

Dai primi anni ’90 l’economia italiana ha iniziato ad arrancare e a rimanere indietro, poiché tutti i principali indicatori hanno iniziato un costante declino.

Non è un caso che il rovesciamento delle fortune economiche dell’Italia si sia verificato dopo l’adozione della “sovrastruttura giuridica e politica” imposta dal Trattato di Maastricht del 1992, che ha spianato la strada all’istituzione dell’UME nel 1999 e all’introduzione del moneta comune nel 2002.

L’Italia, è stata l’allievo modello dell’Eurozona, l’unico Paese che si è davvero impegnato con forza e coerenza nell’austerità fiscale e nelle riforme strutturali che costituiscono l’essenza stessa delle regole macroeconomiche dell’UME.

L’Italia è stata più rigorosa anche di Francia e Germania, pagando un costo molto alto: il consolidamento fiscale permanente, la persistente moderazione salariale e il tasso di cambio sopravvalutato hanno ucciso la domanda interna italiana.

Questa carenza di domanda ha asfissiato la crescita della produzione, della produttività, dell’occupazione e dei redditi.

La paralisi italiana è una lezione per tutte le economie dell’Eurozona, ma come avvertimento, non come esempio.

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