Grande novità nell’ambito della prevenzione e della diagnosi del morbo di Alzheimer. Ecco come individuarlo con 15 anni di anticipo
Malattia descritta per la prima volta agli inizi del Novecento dal neurologo tedesco Alois Alzheimer, questo morbo è una patologia neurodegenerativa a decorso progressivo e cronico, per la quale ad oggi non c’è una cura risolutiva. Nei paesi sviluppati, è la prima causa di demenza nella popolazione anziana e, per quanto riguarda gli ultra 85enni, colpisce il 20% della popolazione di riferimento. Ecco però qual è la novità: da oggi la si può diagnosticare ancora prima.
I sintomi della malattia di Alzheimer sono relativi al deterioramento delle funzioni cognitive, quindi la perdita della memoria, il rallentamento del ragionamento e le difficoltà nel linguaggio. Vengono poi gradualmente a mancare anche l’autonomia e la capacità di compiere le normali attività quotidiane, quindi comporta un’assistenza quotidiana e costante. La scienza, però, ha permesso di trovare una via di diagnosi ancora più precoce: ecco in cosa consiste.
Alzheimer, diagnosticarlo è ancora più facile: ecco la novità
I primi sintomi dell’Alzheimer sono relativi a disturbi del linguaggio, disorientamento spaziale e temporale, disturbi del sonno e anche depressione. Di fatto, però, si presentano in modo molto blando e peggiorano gradualmente, quindi è molto difficile diagnosticare questa malattia alle sue fasi iniziali. Un recente studio dell’Università di Goteborg in Svezia, condotto su 786 persone, ha però dimostrato come sia possibile diagnosticare questa malattia con un grande anticipo: ecco la scoperta.
Al centro c’è la proteina p-tay127, spia dei cambiamenti che vive il cervello quando è affetto dal morbo di Alzheimer. Gli studiosi hanno confermato che testare i suoi livelli tramite delle semplici analisi del sangue si può determinare il rischio di Alzheimer di quella determinata persona: più alta è la sua concentrazione, più probabile o più avanzata è questa malattia nel corpo del paziente. David Curtis, Onorario dell’Ucl Genetics Institute, sottolinea che questa scoperta può tramutarsi in una sorta di screening di routine per tutti gli over 50.
Di fatto, ad oggi non esiste alcuna prevenzione specifica per l’Alzheimer, né uno stile di vita specifico che aiuti ad allontanarne il rischio. Ciò che si sa è che contribuiscono a ridurre la probabilità uno stile di vita sano ed equilibrato, attività fisica costante e un peso coerente con il proprio fisico. È infine consigliato mantenersi attivi anche cerebralmente, soprattutto con l’avanzare dell’età, tramite la lettura e il coinvolgimento in attività piacevoli e stimolanti.