Ecco le notizie più importanti della settimana selezionate da “Ascolta la Notizia”.

Partiamo dalla politica.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato il Recovery Fund: 500 miliardi di sussidi destinati ai Paesi più colpiti dalla crisi, tra cui l’Italia, e 250 miliardi di prestiti riservati agli Stati membri.

All’Italia andrebbero in totale 172,7 miliardi, di cui circa 81 di sussidi e 91 di prestiti.

Il capo politico del Movimento 5 Stelle Vito Crimi ha avvertito che «il percorso deve essere completato e le insidie non mancano».

«Sarà solo con il Consiglio europeo di giugno, chiamato a lavorare sulla proposta, che potremo mettere definitivamente a fuoco il valore dell’intervento. Ma siamo sulla strada giusta: soprattutto, una strada che è stata tracciata grazie al sostegno e all’impegno continuo in questa direzione dal MoVimento 5 Stelle», ha spiegato il leader 5Stelle.

«Siamo stati i primi ad auspicare un Recovery Fund cospicuo, immediato, con una quota maggioritaria di contributi a fondo perduto e senza condizionalità. Prendiamo atto che qualcosa si è mosso in questa direzione ma la proposta della Commissione Ue non è soddisfacente», ha commentato su Facebook la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

Passiamo agli esteri.

I morti per coronavirus nel mondo hanno superato quota 350mila, secondo i dati dell’università americana Johns Hopkins. 

Ora il nuovo epicentro della pandemia di Covid-19 è l’America Latina. A lanciare l’allarme il direttore regionale dell’Oms, Carissa Etienne. «Non ci sono dubbi che la nostra regione è diventata l’epicentro della pandemia di Covid-19. Questo non è il momento di allentare le restrizioni o ridimensionare le strategie di prevenzione», ha dichiarato Etienne.

Nuovo picco di contagi in Corea del Sud, dove giovedì sono stati registrati 79 nuovi casi, il livello più alto in un solo giorno dal 5 aprile.

69 dei nuovi casi sono collegati ad un nuovo focolaio scoperto in un centro di logistica della città di Bucheon.

«Abbiamo deciso di rafforzare tutte le misure di quarantena nell’area metropolitana per due settimane. Le prossime due settimane saranno cruciali per contenere le infezioni. Se falliremo, dovremo tornare alle misure di distanziamento sociale», ha detto Il Ministro della Salute Park Neung-hoo.

È esplosa la protesta negli ultimi giorni in diverse città americane, tra cui Oakland, in California, e Denver, in Colorado, in seguito alla morte di George Folyd afroamericano di 46 anni da alcuni agenti di polizia a Minneapolis.

«Mi dispiace per il dolore e per il trauma devastante causato», ha dichiarato il capo della polizia di Minneapolis, Medaria Arradondo, scusandosi il comportamento dei suoi ex agenti. Uno di questi, Derek Chavin, 44 anni, ha tenuto bloccato a terra il cittadino afroamericano, premendo il ginocchio sul collo, mentre questo continua a ripetere «non respiro, amico, non respiro». L’uomo è morto in ospedale un’ora dopo il ricovero.

Chiudiamo con la tecnologia.

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato un ordine esecutivo contro i social network, che non avranno più immunità legale contro eventuali cause per i contenuti delle loro piattaforme.

La decisione di Trump è arrivata dopo che Twitter ha segnalato come «potenzialmente fuorvianti» due cinguettii del presidente che equiparavano il voto per corrispondenza ai brogli.

Contro il social network dell’uccellino anche il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg: «Abbiamo una politica differente da Twitter su questo, credo fortemente che Facebook non debba essere l’arbitro della verità di tutto ciò che la gente dice online. In generale le società private, specialmente queste piattaforme, probabilmente non dovrebbero essere nella posizione di farlo».

La replica del numero uno di Twitter Jack Dorsey è arrivata a stretto giro: «Segnalare le informazioni errate non ci rende un ‘arbitro della verità»

«Continueremo a segnalare informazioni errate o contestate sulle elezioni a livello globale», ha assicurato Dorsey, spiegando che i tweet di Trump «potrebbero indurre le persone a pensare erroneamente che non è necessario registrarsi per ottenere una scheda elettorale».

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